La Chiesa di Santa Maria del Monte è ubicata ad oltre 1400 metri sul livello del mare. La data della sua fondazione non è conosciuta. É probabile che il primo nucleo dell’attuale edificio sia stato eretto nei secoli IX-XI, quando i monaci, atterriti dal furore iconoclasta e dall’espansione islamica, si rifugiarono in gran numero in terre lontane e nascoste dell’impero bizantino: Siria, Egitto, Palestina, Sicilia e Calabria. Questi monaci desiderosi di raccogliersi in preghiera e di offrirsi completamente a Dio in questi luoghi nascosti e inospitali costruirono oratori, cenobi e monasteri. Fu così che il silenzio naturale offerto dai monti diventava il luogo di approdo sicuro di chi aveva la duplice necessità di fuggire la furia degli uomini e di avvicinarsi a Dio. Idonei allo scopo erano senz’altro i monti della Sila, del Pollino e dell’Aspromonte. Fin qui non arrivavano i Saraceni, che con furia sanguinaria e devastatrice profanavano ogni cosa: chiese, monasteri e libri sacri. Tra i più rinomati monasteri greci di Calabria ci fu quello di Santa Maria di Mercurion, in diocesi di Cassano. Esso in principio era un’umile chiesetta sita in prossimità della confluenza del fiume Lao (detto dal popolo: Mercure) con l’Argentino, presso Orsomarso. Tra gli altri monasteri che popolavano la parte settentrionale della Calabria, si ricordano quelli di San Fantino, San Giovanni di Mercurio, Santo Stefano e San Michele Arcangelo, tutti nei pressi di Orsomarso; quello di San Nicola di Trèmoli, sulla destra del Lao; quelli di San Nicola di Siracusa, fondato nell’878 da profughi Siracusani, e l’altro detto dei Taorminesi costruito dai profughi siciliani all’indomani della presa di Taormina per mano dei musulmani nel 902, entrambi in territorio di Scalea. L’attività in questi cenobi soprattutto nel X secolo era molto fiorente; molti asceti che vissero in quel periodo in seguito vennero canonizzati.
Chiesa di Santa Maria del Monte
Il cenobio più vicino alla chiesa di Santa Maria del Monte
fu quello del Monte Mula costruito nella stessa epoca sulle montagne omonime. Nessun documento, oggi noto, fa cenno delle vicende che portarono alla nascita della chiesa di Santa Maria del Monte. Certamente preesisteva al 1195, data in cui i Signori di Altomonte donarono all’abbazia cistercense, di cui si è già detto, “La chiesa di Santa Maria del Monte e le sue pertinenze”. Se aveva anche un patrimonio, cioè le sue pertinenze, non è una forzatura affermare che già nel 1195 il cenobio aveva una certa importanza.
All’interno della chiesa rupestre costruita a 1400 metri di altitudine è custodita una splendida statua in tufo della Madonna che allatta, del XIV secolo.
La leggenda racconta che la statua
fu ritrovata da un pastore in un anfratto di una parete scoscesa chiamata “Timba e piasur” (Pietra spaccata). La leggenda, in una delle sue due versioni, racconta che in questo anfratto la Madonna venne trasportata dai monaci per paura degli iconoclasti; nell’altra, racconta che si spostò da sola, miracolosamente. A ricordo di ciò ancora oggi nel giorno della festa di Santa Maria del Monte, che si celebra l’ultima domenica di luglio, la statua viene portata in processione fin sull’orlo della parete dove la tradizione vuole sia stata ritrovata. In questa occasione tutti i pellegrini lanciano nel precipizio una pietra come garanzia di un loro ritorno nello stesso luogo.
In passato intere popolazioni dei paesi del circondario, da Morano ad Orsomarso, si recavano in pellegrinaggio nella Chiesa di Santa Maria del Monte secondo un calendario fisso. Nel piazzale antistante la chiesa fino a non molti anni fa la prima Domenica di luglio si svolgeva un grande mercato di bestiame.
La devozione vive negli abitanti di Acquaformosa
e riassume il rapporto che lega gli acquaformositani alla Madonna del Monte un brano scritto verso la fine del 1800: “Pel dottor Pietro quella cornice chiudeva un tesoro celeste ed uno terreno. Quella Madonna era del suo paese, dei suoi monti; egli l’avea vista da fanciullo nel suo santuario, là, in mezzo a un grande bosco. Il santo simulacro avea sorriso a lui, così innocente; e quella impressione fu tanto profonda, che non si dileguò mai dal suo cuore. Rimase in lui un culto speciale per quella Madonna, che non venne mai meno, nè col crescere degli anni nè col mutar d’idee in fatto di religione. Era superstizione, era vero culto, era memoria incancellabile dei primi anni, era tutto quello che si vuole; ma il dottor Pietro, lo spirito forte, l’incredulo che credeva a tante cose misteriose adorava la sua Madonna e credeva in Lei, e chiedeva sempre, e solo a Lei, aiuto nel periglioso cammino della vita. La madre egli l’amava come donna e come madre, e, tenendola accanto alla Madonna, gli parea che quelle due donne si somigliassero: erano certamente le due donne che gli dominavano la mente e il cuore. La donna celeste e la terrena, unite insieme, personificavano ciò ch’ egli stimava superiore a tutti gli altri esseri che aveva incontrato nella vita. Era la deificazione della donna; era l’amore alla donna; era la venerazione per eccellenza della natura femminile, che prendevano forma reale nel suo spirito, sotto il fascino di quelle immagini. Il Dottor Pietro amava così la donna”.
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